curiosità stroriche padovane  1°

NASCE LA MASCHERA DEL
"GIACOMETO"
DI LUIGI DUSE

Se il Menego, maschera padovana del contadino ingenuo e servitore, trovava rappresentazione col Ruzante, nell'Ottocento arriva a dargli man forte un altro personaggio patavino che arricchirà il già cospicuo parterre delle maschere della commedia dell'arte: Giacometto. Amatissimo dagli studenti, reso dalla penna del conte Giacomo Filippo Bonfio, attore e commediografo di una certa fama, e ideato e impersonato in tutta la sua comicità da Luigi Duse. Cognome noto, famiglia di attori, quella dei Duse, mestiere che prende avvio proprio da Luigi, il capostipite. Era infatti il nonno della celebre Eleonora.

Nato a Chioggia illS gennaio del 1792 e arrivato a Padova per lavorare come impiegato al Monte di Pietà, ma era appassionato di filodrammatica tanto che lascerà il lavoro e si dedicherà totalmente all'arte, diventando primo attore. Fu lui a inventare la maschera di Giacometo "Ciacometto" Spasemi, utilizzata a partire dal 1830. Una famiglia, la sua, in cui il teatro piu che scelta diviene imposizione. Sara Luigi, infatti, a obbligare il figlio, Alessandro, che studiava disegno e pittura, a fare l'attore, che a sua volta obbligherà la moglie, appartenente a una famiglia contadina del vicentino con venti fratelli, a diventare attrice. E avere una compagnia e guadagnare abbastanza non fu per nulla impresa facile. L'infanzia girovaga di Eleonora, nata nel 1859 si dice in treno presso Vigevano o durante il tragitto tra Venezia e Padova, il dimostra, come la sua infanzia in povertà fra una commedia e un'altra, di città in città, per cercare di guadagnare qualcosa. Certo e che, almeno per un po' di tempo, il sogno di un teatro vero Luigi riuscì a realizzarlo. Lui che con il Teatro Diurno aveva iniziato a Padova facendosi pagare non solo con soldi ma anche con merce di scambio utile a lui e ai suoi comici.

Quel teatro, che all'inizio era-solo un gabbiotto all'aperto, divento poi un teatro coperto, il Teatro Duse, nella primavera del 1834, dedicato "al popolo padovano". Luigi, attore, capocomico, impresario, affitto per 500 lire un terreno, in piazzetta della Garzeria, di fianco al Caffè Pedrocchi, per realizzare un anfiteatro popolare diurno a platea scoperta con gradoni e due ordini di palchi che poteva tenere circa novecento posti: II tutto di legno, e, quando lo trasformo da anfiteatro Diurno a teatro coperto, comparve anche il sipario con la raffigurazione della sua maschera, quella di Giacometo: II teatro produceva testi goldoniani, drammi lacrimosi, e trovo una sua specializzazione nelle farse, dando largo spazio alle maschere della commedia dell'arte, ne Il pazzo ragionevole, La prima donna tragica, Gigi Undese, quest'ultima parodia di Luigi XI, opera scritta dal francese Delavigne e resa celebre, nella sua versione originale, da un grande attore,
Gustavo Modena. il teatro sorgeva dove, fin dal 1396, cera la cosiddetta "Carzaria" dei lavoratori della lana, località che era stata donata a quella corporazione da Francesco da Carrara e che si trovava tra la piazzetta del teatro e la pescheria. Alla fine del XVIII secolo in quell'area funzionavano 667 telai, con una produzione di tessuti per pili di ottocentomila ducati all'anno. il cortile interno delle fabbriche era circondato da una loggia che serviva come portico, e da cui una porta conduceva al cortile; la porta aperta in mezzo a un muro era sul fronte dell'attuale tratto di via VIII Febbraio. Fra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento la loggia fu demolita e l'industria smantellata in piccoli centri lontani.

A ricordo di quelle fabbriche vi è una lapide in via Cesare Battisti, che ricorda la ricostruzione del lanificio dopo un incendio che lo distrusse nel 1576. La fama delle interpretazioni di Luigi Duse stava crescendo già negli anni Venti dell'Ottocento. Nel 1825 si ritrovo infatti ad aprire non solo al Teatro Diurno, ma anche al Teatro Nuovo, che diverrà in seguito l'attuale Teatro Verdi, con otto spettacoli e, nella stagione 1828-1829, iniziarono a comparire nella sua compagnia Ie maschere di Arlecchino, Meneghino, Pantalone, Stenterello e Brighella. Ma il suo sogno restava la realizzazione di un teatro suo per ottenere una fonte di reddito sicura; cosa che avvenne nel '34, e la soddisfazione si fece pure pili grande, quando il teatro si trasformo nel posta più frequentato dai padovani e dagli studenti di quell'epoca.

Duse lo affittava pure, durante la stagione veneziana, mentre la sua compagnia era impegnata in tournée, cosa che avveniva sempre pili spesso.Da umile contabile al Monte di Padova, dopo aver visto la filodrammatica diretta da Sografi, dove lavoravano Giacomo e Antonio Calvi, ebbe il colpo di fulmine. Con i primi ruoli di Filippo dell'Alfieri, Teresa di Dumas scatto la decisione di mollare il lavoro stabile e di entrare nella compagnia di Angelo Rosa. Gli porto fortuna la sua maschera con Ie sopracciglia segnate, la parrucca nera con un codino dritto verso il basso, una giubba turchina e un fazzoletto bianco al collo, panciotto goldoniano a fiori, calzoni corti, calze bianche e scarpe nere con la fibbia. Fu in questi panni che, nel carnevale del 1833, ottenne grande successo. A scrivere Ie commedie era Giacomo Bonfio, i suoi brogliacci conquistarono il cuore del pubblico che fini per confermare gli spettacoli, fissando nuove repliche. Visto che a Padova era il trionfo, a Duse non restava che tentare il successo nella vicina Venezia con la fiducia nelle proprie doti di affabulatore.

AI teatro veneziano San Samuele, oltre che con gli scritti di Bonfio arrivo con la produzione goldoniana più classica, nonché con dei drammi per far scaturire la lacrima facile nel pubblico, in cui aggiungeva, come il prezzemolo, la figura del suo Giacornetto. Anche i veneziani cedettero alla sua bravura e si ritrovarono ad acclamarlo confermandolo in città per ben quattordici stagioni, cosa che procuro molti danni alle altre compagnie sulla piazza e qualche invidia, che presto avrebbe prodotto i suoi effetti. George Sand, pseudonimo di Arnantine Aurore Lucile Dupin, durante un viaggio a Venezia vide Duse in scena e ne rimase colpita, trovando l'interpretazione di Giacometto pari a quella di Pierrot (dell'attore Jean-Gaspar Debureau), e anzi poietiche in questa caso si trattava di un attore che usava la voce, forse anche pili completa. Nel 1846 fondo con i figli una compagnia goldoniana e mise in scena, fra gli altri, Casanova, Sior Todero brontolon, Le donne gelose, La putta onorata. In quel periodo la sua maschera rimase in ombra, e fu utilizzata solo nelle farse di Giacometto, come ne La conversazione al buio, Amore e mistero. Ma la compagnia, in continua evoluzione, si cimenterà anche in spettacoli nuovi,spostandosi grazie alle eccellenti qualità canore nell'operetta della nuora Alceste Maggi. Tuttavia dopo la rivoluzione del 1848-1849, Luigi Duse perse il favore del pubblico veneziano perché aveva fatto dell'ironia sprezzante riferendosi alla resistenza di Venezia nel corso di uno spettacolo. Fu quindi costretto a recitare in un teatro minore, il Goldoni, ricavato da un ex fabbrica di conserve. Duse ripiego, dunque, su Padova.

Voleva ristrutturare il suo teatro, progetto di cui parlo anche con l'attrice Adelaide Ristori che era passata in città nel 1853. Avrebbe voluto dedicarle lo stabile ma Ie difficoltà economiche non glielo permisero, e poco dopo sopraggiunse la morte. A tal proposito, considerato che la questione finanziaria e una sorta di leitmotiv nelle vicende professionali di Duse, lo storico teatrale e attore Luigi Rasi ricordò come a sipario calato, in piena improvvisazione, Luigi parlasse con il pubblico e, raccontando dei suoi problemi in famiglia, chiedesse soldi e Ii ottenesse. Alia sua morte, nel 1854, continuarono a lavorare nel teatro padovano i figli Giorgio ed Eugenio. Dalla moglie, Elisabetta Barbini, nacquero: Eugenio, nato a Padova, con scarso talento per la scena tanto che spesso fin} per fare il suggeritore della compagnia, sposato con Cecilia Bellotti; Giorgio, che non solo affianco il padre nella farsa I due Giacometti ma lo sostituì anche nel ruolo; Alessandro nato a Chioggia e sposato con Angelica Cappelletto, madre di Eleonora, che riprese a coltivare la sua passione per la pittura solo dopo il ritiro dalle scene; Enrieo, l'ultimo dei figli, nato a Venezia, e con un gran talento per le interpretazioni drammatiche.

Ne11859 il teatro tanto voluto da Duse passera di mano, per opera di tre soci, abbattuto e ricostruito in muratura, e il suo nome diventerà Teatro Sociale, mantenuto fino al 1868. Nel '66 nel corso delle trattative di pace vi comparirà in incognito Vittorio Emanuele 11, e nei mesi successivi pure Giuseppe Garibaldi, ospitato sul palco d'onore per assistere all'Amleto di Shakespeare, recitato da Ernesto Rossi. Attore di fama in quel periodo che, quando passava in città, pur avendo iniziato a esibirsi al Teatro Concordi, gli preferiva il Teatro Garibaldi per il grandissimo pubblico che era in grado di coinvolgere. il passaggio di Garibaldi lasciò un segno; a distanza di due anni il teatro acquisì il suo nome e, per estensione, anche la piazzetta davanti all'edificio. Ricostruito dalle fondamenta nel 1889 per volere del cavaliere Giuseppe Tanoga, commerciante padovano, con un restyling a opera dell'architetto Eugenio Maestri, continuo a dare spettacoli ospitando Ie migliori compagnie di prosa e operetta. E, a breve distanza dal debutto parigino, fu al Garibaldi che arrivarono Ie prime proiezioni filmiche padovane, nel 1896-1897, con le "fotografie animate" di Edison e
il primo spettacolo del cinematografo dei fratelli Lumiere. Le ultime battute della sua vita teatrale si consumarono fra Ie dispute degli addetti al settore, fra i favorevoli e i contrari al teatro pirandelliano, per poi essere trasformato in cinematografo e, nel 1969, essere abbattuto, in un momento storico in cui la cementificazione prevalse su tutto e con questa la distruzione di edifici antichi in favore di un modernismo industriale che invase pesantemente la città (nel 1962 su quest'onda era stato raso al suolo anche albergo ristorante in stile liberty Storione e, in quegli anni furono tombinati i canali in centro). Qualche vampata di successo avvolse il Garibaldi anche nella sua veste cinematografica, rna furono solo episodi poiché il lento declino era in atto da tempo. Lo scempio dell'abbattimento, la scomparsa dei palchi dorati e la comparsa al suo posta di un supermercato come in un gioco di prestigio di basso livello lo riconducono all'oggi, mentre nessuna lapide ne ricorda il passato.

Forse peò, fra gli avventori del supermercato ce chi può aver percepito qualcosa fra gli scaffali, lungo le corsie, un antica presenza, un ometto in panciotto con il codino all'ingiù



interno del Teatro Verdi, in una foto d'epoca.
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da "...Forse non tutti sanno che a Padova..." di Silvia Giorgi - Newton Comption editori