Se il Menego, maschera padovana del contadino ingenuo e servitore, trovava rappresentazione col Ruzante, nell'Ottocento arriva a dargli man forte un altro personaggio patavino che arricchirà il già cospicuo parterre delle maschere della commedia dell'arte: Giacometto. Amatissimo dagli studenti, reso dalla penna del conte Giacomo Filippo Bonfio, attore e commediografo di una certa fama, e ideato e impersonato in tutta la sua comicità da Luigi Duse. Cognome noto, famiglia di attori, quella dei Duse, mestiere che prende avvio proprio da Luigi, il capostipite. Era infatti il nonno della celebre Eleonora. Duse lo affittava pure, durante la stagione veneziana, mentre la sua compagnia era impegnata in tournée, cosa che avveniva sempre pili spesso.Da umile contabile al Monte di Padova, dopo aver visto la filodrammatica diretta da Sografi, dove lavoravano Giacomo e Antonio Calvi, ebbe il colpo di fulmine. Con i primi ruoli di Filippo dell'Alfieri, Teresa di Dumas scatto la decisione di mollare il lavoro stabile e di entrare nella compagnia di Angelo Rosa. Gli porto fortuna la sua maschera con Ie sopracciglia segnate, la parrucca nera con un codino dritto verso il basso, una giubba turchina e un fazzoletto bianco al collo, panciotto goldoniano a fiori, calzoni corti, calze bianche e scarpe nere con la fibbia. Fu in questi panni che, nel carnevale del 1833, ottenne grande successo. A scrivere Ie commedie era Giacomo Bonfio, i suoi brogliacci conquistarono il cuore del pubblico che fini per confermare gli spettacoli, fissando nuove repliche. Visto che a Padova era il trionfo, a Duse non restava che tentare il successo nella vicina Venezia con la fiducia nelle proprie doti di affabulatore. AI teatro veneziano San Samuele, oltre che con gli scritti di Bonfio arrivo con la produzione goldoniana più classica, nonché con dei drammi per far scaturire la lacrima facile nel pubblico, in cui aggiungeva, come il prezzemolo, la figura del suo Giacornetto. Anche i veneziani cedettero alla sua bravura e si ritrovarono ad acclamarlo confermandolo in città per ben quattordici stagioni, cosa che procuro molti danni alle altre compagnie sulla piazza e qualche invidia, che presto avrebbe prodotto i suoi effetti. George Sand, pseudonimo di Arnantine Aurore Lucile Dupin, durante un viaggio a Venezia vide Duse in scena e ne rimase colpita, trovando l'interpretazione di Giacometto pari a quella di Pierrot (dell'attore Jean-Gaspar Debureau), e anzi poietiche in questa caso si trattava di un attore che usava la voce, forse anche pili completa. Nel 1846 fondo con i figli una compagnia goldoniana e mise in scena, fra gli altri, Casanova, Sior Todero brontolon, Le donne gelose, La putta onorata. In quel periodo la sua maschera rimase in ombra, e fu utilizzata solo nelle farse di Giacometto, come ne La conversazione al buio, Amore e mistero. Ma la compagnia, in continua evoluzione, si cimenterà anche in spettacoli nuovi,spostandosi grazie alle eccellenti qualità canore nell'operetta della nuora Alceste Maggi. Tuttavia dopo la rivoluzione del 1848-1849, Luigi Duse perse il favore del pubblico veneziano perché aveva fatto dell'ironia sprezzante riferendosi alla resistenza di Venezia nel corso di uno spettacolo. Fu quindi costretto a recitare in un teatro minore, il Goldoni, ricavato da un ex fabbrica di conserve. Duse ripiego, dunque, su Padova. Voleva ristrutturare il suo teatro, progetto di cui parlo anche con l'attrice Adelaide Ristori che era passata in città nel 1853. Avrebbe voluto dedicarle lo stabile ma Ie difficoltà economiche non glielo permisero, e poco dopo sopraggiunse la morte. A tal proposito, considerato che la questione finanziaria e una sorta di leitmotiv nelle vicende professionali di Duse, lo storico teatrale e attore Luigi Rasi ricordò come a sipario calato, in piena improvvisazione, Luigi parlasse con il pubblico e, raccontando dei suoi problemi in famiglia, chiedesse soldi e Ii ottenesse. Alia sua morte, nel 1854, continuarono a lavorare nel teatro padovano i figli Giorgio ed Eugenio. Dalla moglie, Elisabetta Barbini, nacquero: Eugenio, nato a Padova, con scarso talento per la scena tanto che spesso fin} per fare il suggeritore della compagnia, sposato con Cecilia Bellotti; Giorgio, che non solo affianco il padre nella farsa I due Giacometti ma lo sostituì anche nel ruolo; Alessandro nato a Chioggia e sposato con Angelica Cappelletto, madre di Eleonora, che riprese a coltivare la sua passione per la pittura solo dopo il ritiro dalle scene; Enrieo, l'ultimo dei figli, nato a Venezia, e con un gran talento per le interpretazioni drammatiche. Ne11859 il teatro tanto voluto da Duse passera di mano, per opera di tre soci, abbattuto e ricostruito in muratura, e il suo nome diventerà Teatro Sociale, mantenuto fino al 1868. Nel '66 nel corso delle trattative di pace vi comparirà in incognito Vittorio Emanuele 11, e nei mesi successivi pure Giuseppe Garibaldi, ospitato sul palco d'onore per assistere all'Amleto di Shakespeare, recitato da Ernesto Rossi. Attore di fama in quel periodo che, quando passava in città, pur avendo iniziato a esibirsi al Teatro Concordi, gli preferiva il Teatro Garibaldi per il grandissimo pubblico che era in grado di coinvolgere. il passaggio di Garibaldi lasciò un segno; a distanza di due anni il teatro acquisì il suo nome e, per estensione, anche la piazzetta davanti all'edificio. Ricostruito dalle fondamenta nel 1889 per volere del cavaliere Giuseppe Tanoga, commerciante padovano, con un restyling a opera dell'architetto Eugenio Maestri, continuo a dare spettacoli ospitando Ie migliori compagnie di prosa e operetta. E, a breve distanza dal debutto parigino, fu al Garibaldi che arrivarono Ie prime proiezioni filmiche padovane, nel 1896-1897, con le "fotografie animate" di Edison e Forse peò, fra gli avventori del supermercato ce chi può aver percepito qualcosa fra gli scaffali, lungo le corsie, un antica presenza, un ometto in panciotto con il codino all'ingiù
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